A Trana esisteva un tempo sulle rive del Sangone una fucina. Ancora oggi esistono i resti segnati dal fumo di questi muri e gli eredi di questa dinastia, i cugini Piero e Alessandro Rosso, un giorno mi chiamano e Piero, persona di poche parole ma abilissimo tecnico dei macchinari agricoli, mi dice: “l’uma pensà ed dete dui mai” (due magli).
Anche i due bellissimi e storici magli sono stati presi e rimontati con l’aiuto di un’autogru ed ora, sotto una tettoia, continuano una loro vita non di rumoroso lavoro ma di rispetto e nostalgia per questo mondo che non esiste più.
PIOSSASCO – Vicenda antica ed affascinante, strettamente legata ai diritti piossaschesi sull’acqua del Sangone, quella della Fucina di Trana. “E cosa naturale che un capitale diritto dovessero avere le signorie di Piossasco e Rivolta sul dominio e possesso dell’acqua del Sangone” recita un documento del 1882, che definisce il primo dei due centri citati “potente rivierasca”.
Aldo Peinetti – “C’era una volta la fucina di Trana – Importante testimonianza di un passato rurale – I ricordi di Adolfo Rosso l’ultimo “fusinè””, L’Eco del Chisone, 1997.
Se già un atto del 1349 sanciva la possibilità data al signore di Piossasco di derivare una bealera larga dieci piedi, nel 1642 – con la cessione di uno stabile con oltre cento giornate di terra venne acquistata altra terza parte d’acqua in corrispettivo.
Ma veniamo alla fucina, divenuta (assieme ai relativi diritti d’acqua) di proprietà di Piossasco il 28 maggio» 1788 appartenuta a “certo conte Gromis”.
Oggi l’edificio è abbandonato, ma ha funzionato fino al 1984 sotto la gestione del famiglia Rosso, i cui discendenti sono ora titolari di un’officina di macchine agricole sempre a Trana. “Rappresenta una testimonianza importante del passato rurale del nostro paese, anche se si trova sul territorio altrui. Vorremmo realizzare i necessari interventi di restauro e creare un museo attraverso il quale far conoscere anche alle nuove generazioni una attività che è patrimonio della nostra tradizione” spiega il sindaco di Piossasco Nino Marocco.
Adolfo Rosso (fratello di Remo), classe 1912, a forgiare attrezzi ha passato una vita e può vantare il titolo di “ultimo fusinè”, avendo detto basta solo nel 1984.
Aprirono la dinastia i suoi antenati, nel 1842: e per oltre un secolo la fucina di Trana è stata punto di riferimento per tanti agricoltori di Piossasco, Orbassano, dei centri della Valsangone e di numerosi altri Comuni. Si facevano badili, picconi, falci, scuri, roncole, ma anche aratri.
Sarebbe bello vedere ancora questo arzillo ottantacinquenne, con nel proprio passato anche cinque anni di guerra nei Balcani, armeggiare attorno ai due magli, alla berta (con la quale veniva creato l’occhio del piccone) ed alla mola, tutte attrezzature rimaste nel locale unico e alimentate dall’acqua del Sangone.
“Ho incominciato giovanissimo sulla orme di mio padre. Alla domenica eravamo presenti con un banco in diversi Comuni, a Piossasco e a Orbassano, ma anche a Cumiana e poi Torre Pellice, quando acquistai un camion uno di quelli impiegati nella guerra d’Africa. E naturalmente non si mancava alle fiere. Tra i nostri clienti avevamo anche una ditta che si occupava della manutenzione delle rotaie dei tram a Torino, cui servivano i picconi: al direttore lavori non importava pagare anche una lira in più: con un attrezzo senza punta si fa più fatica e meno lavoro”.
Produzione significativa, se ad esempio si pensa che i già negli Anni ’30 si realizzavano 24 scuri e 30 roncole alla settimana, ognuna venduta al prezzo di dieci lire, con incremento in autunno quando si tagliava legna. Una forca costava due lire e mezza. I manici degli attrezzi provenivano da due segherie, una torinese e l’altra cumianese. “Da noi passavano anche diversi giovani apprendisti: per cominciare si dava loro un pezzettino con cui realizzare un piccolo cuneo da incastrare e far star fermo l’attrezzo”.
E c’è chi, diventato col tempo abile manutentore, ha più volte detto grazie ai Rosso per quello “stage” ante litteram. La parabola di decadenza di tutti questi tipi di fucina è stata comune, anche se quella di Trana è durata maggiormente rispetto alle altre presenti in Valsangone.
Ma adesso un’arte è definitivamente scomparsa. Adolfo Rosso ci congeda con una frase che non sa di retorica del passato: “Certo, oggi quest’attività non ha più senso. Ma materiale resistente come quello di un tempo…”.